Il gioco d’azzardo fa parte del nostro quotidiano più di quanto crediamo. Si presenta sotto forma di scommesse sportive, gratta e vinci, slot machine, casinò online. È ovunque, sempre più accessibile, sempre più normalizzato. Per la maggior parte delle persone resta un atempo, un’occasione per provare un po’ di adrenalina, magari durante una domenica di Serie A o un sabato sera tra amici. Ma per altri, il gioco diventa qualcosa di diverso. Qualcosa che consuma energie, soldi, relazioni. Qualcosa che sfugge di mano.
Parliamo di dipendenza da gioco. Un fenomeno ancora troppo sottovalutato, ma che oggi ha un nome preciso, una definizione clinica e – soprattutto – delle conseguenze reali. Perché quando il gioco smette di essere una scelta e diventa un bisogno, quando i pensieri ruotano attorno alle puntate e non si riesce più a dire basta, siamo davanti a un problema serio. E come ogni problema, va compreso, affrontato, raccontato senza pregiudizi.
Questa guida nasce per fare proprio questo: mettere ordine, dare strumenti, offrire una visione completa e accessibile su cosa sia la dipendenza da gioco e perché riguarda da vicino anche chi pensa di esserne lontano.
Definizione e riconoscimento clinico
Il termine corretto, nel linguaggio medico, è gioco d’azzardo patologico. Si tratta di un disturbo del comportamento riconosciuto ufficialmente dalla comunità scientifica e inserito all’interno del DSM-5, il principale manuale diagnostico dei disturbi mentali. In ato era considerato un disturbo del controllo degli impulsi; oggi, invece, rientra a pieno titolo tra le dipendenze comportamentali. Questo significa che condivide molti aspetti con le dipendenze da sostanze come alcol o droghe, anche se il “motore” non è una sostanza chimica, ma un comportamento ripetitivo e incontrollato.
Chi sviluppa questa forma di dipendenza non gioca più per divertimento. Gioca perché deve, perché non riesce a farne a meno, perché ogni puntata diventa una via di fuga o una rincorsa disperata a quello che è stato perso. Il gioco occupa sempre più spazio nella vita quotidiana, fino a compromettere lavoro, affetti, salute mentale, equilibrio economico. E non si tratta di giocatori ingenui o sprovveduti. La dipendenza può colpire chiunque: uomini, donne, giovani, adulti, persone che hanno sempre avuto il controllo di tutto – tranne che di questo.
Dal punto di vista clinico, la diagnosi si basa su alcuni segnali specifici: la necessità di aumentare le puntate per ottenere la stessa eccitazione, l’irritabilità quando si prova a smettere, i pensieri ossessivi legati al gioco, la tendenza a mentire su quanto si gioca o si perde, il bisogno di “rifarsi” dopo una sconfitta. Non serve che si presentino tutti questi segnali insieme per parlare di dipendenza. Ne bastano alcuni, ripetuti nel tempo, per accendere una spia.
La cosa importante da sapere è che non c’è nulla di irreversibile. La dipendenza da gioco si può riconoscere, si può trattare, si può superare. Ma il primo o è la consapevolezza. Sapere cosa la provoca, come si manifesta e, soprattutto, perché nasce.
Le cause della dipendenza da gioco
Non esiste una sola causa che spiega perché una persona sviluppa una dipendenza dal gioco. Si tratta piuttosto di un intreccio complesso di elementi biologici, psicologici e sociali che, messi insieme, possono creare un terreno fertile per l’abuso.
Dal punto di vista biologico, sappiamo che il gioco d’azzardo agisce su circuiti cerebrali molto simili a quelli attivati dalle droghe. Ogni volta che giochiamo – e soprattutto ogni volta che vinciamo – il cervello rilascia dopamina, la sostanza chimica del piacere. Questo rilascio crea una sensazione intensa e gratificante che, nel tempo, spinge il cervello a cercare nuove “dosi” di gioco. Ma come accade con altre dipendenze, la soglia di soddisfazione si alza: servono puntate più alte, giochi più frequenti, stimoli più forti. Si entra così in un circolo vizioso difficile da interrompere.
A livello psicologico, il gioco può diventare un rifugio. Un modo per gestire l’ansia, la noia, la rabbia, la tristezza. Molte persone iniziano a giocare nei momenti di fragilità, quando hanno perso qualcosa o qualcuno, quando sentono di non avere controllo su altri aspetti della propria vita. Il gioco, in questi casi, diventa una valvola di sfogo, una promessa di riscatto. Purtroppo è una promessa illusoria, che finisce spesso per amplificare il senso di fallimento.
Ci sono poi dei fattori ambientali e culturali da non sottovalutare. Chi cresce in un contesto in cui il gioco è normalizzato – magari in famiglia, magari tra amici – è più esposto. Anche le difficoltà economiche possono giocare un ruolo importante: quando le prospettive sono poche e i soldi scarseggiano, l’idea di una vincita che cambia la vita diventa tremendamente seducente. E ancora: la pubblicità, i bonus, i messaggi che associano il gioco al successo, alla libertà, all’autorealizzazione. Tutti elementi che abbassano le difese e rendono più facile cadere nella trappola.
A questo si aggiunge il ruolo del gioco online, che sarà approfondito più avanti, ma che merita fin da ora una riflessione. La possibilità di scommettere in qualsiasi momento, da qualsiasi dispositivo, in totale anonimato, ha reso il gioco d’azzardo più accessibile che mai. E quindi anche più pericoloso.
In sintesi, la dipendenza da gioco non è frutto di debolezza. È il risultato di un insieme di meccanismi che agiscono su corpo, mente e contesto. Capirlo non significa giustificare, ma iniziare a costruire un approccio serio, empatico e concreto per affrontare il problema.
Come si sviluppa la dipendenza
La dipendenza da gioco non compare all’improvviso. Non è un interruttore che si accende da un giorno all’altro, ma un processo graduale, spesso subdolo, che si sviluppa nel tempo. All’inizio c’è l’entusiasmo della scoperta, la leggerezza della prima giocata, il fascino della scommessa fatta per curiosità o per gioco. Poi, lentamente, qualcosa cambia. E quel gesto che sembrava innocuo diventa sempre più presente, sempre più necessario.
I primi segnali sono spesso trascurati. Si gioca un po’ più spesso, si spendono somme leggermente più alte, si comincia a rincorrere le perdite con la convinzione che la prossima sarà quella buona. All’esterno tutto sembra sotto controllo, ma nella mente del giocatore si insinua un meccanismo che può diventare pericoloso: quello della rincorsa. Si perde, ma si continua a giocare per “recuperare”. E nel tentativo di recuperare, si perde ancora di più.
Questo schema, che viene chiamato chasing, è uno dei aggi più tipici e insidiosi verso la dipendenza. È una trappola psicologica che spinge a vedere ogni nuova giocata come un’opportunità per sistemare tutto, quando in realtà è solo un o in più nel baratro.
Con il tempo, il gioco diventa un pensiero costante. Si inizia a pianificare in funzione delle scommesse, a trovare scuse per giocare, a mentire agli altri (e a sé stessi) su quanto si è speso. La vita si restringe: meno uscite, meno relazioni, meno interesse per ciò che prima apionava. Tutto ruota attorno a una sola cosa: giocare.
Un altro segnale ricorrente è la perdita di controllo. Il giocatore promette di smettere, o almeno di ridurre. E magari ci riesce per qualche giorno. Ma poi torna a giocare, spinto dall’ansia, dalla frustrazione, dalla voglia di rivincita. Ogni tentativo fallito alimenta il senso di colpa e, paradossalmente, aumenta il bisogno di giocare ancora. È un ciclo che si autoalimenta: si gioca per sfuggire a un disagio, ma il gioco finisce per creare ulteriore disagio.
Chi si trova in questa spirale spesso fatica a chiedere aiuto. Per vergogna, per paura di essere giudicato, per il timore di dover ammettere che qualcosa non va. E così continua a giocare in silenzio, fino a quando le conseguenze diventano troppo pesanti per essere ignorate.
Non tutti i percorsi sono uguali. Alcuni scivolano nella dipendenza più velocemente, altri impiegano mesi o anni. Ma la dinamica di fondo è la stessa: una progressiva perdita di libertà, mascherata da un’apparente normalità. Ecco perché è fondamentale conoscere queste dinamiche e riconoscerle quando si presentano. Perché prima si interviene, più è possibile invertire la rotta.
Segnali d’allarme
Uno dei motivi per cui la dipendenza da gioco è così pericolosa è che si nasconde bene. A differenza di altre forme di dipendenza, spesso non lascia segni evidenti, almeno non all’inizio. Non ci sono odori, tracce, comportamenti eclatanti. Il gioco, specie quello online, può essere praticato in solitudine, in silenzio, in qualsiasi momento della giornata, anche in modo apparentemente “funzionale” alla vita quotidiana.
Eppure, ci sono camli d’allarme che, se colti in tempo, possono fare la differenza. Alcuni sono visibili, altri più sottili, ma tutti raccontano una trasformazione che va osservata con attenzione.
Il primo segnale è il pensiero costante verso il gioco. Non si gioca solo quando si ha tempo, si gioca quando si può e, soprattutto, si pensa al gioco anche quando non si sta giocando. Si ripercorrono le partite, si studiano quote, si pianificano nuove scommesse. Il gioco inizia a occupare uno spazio mentale sproporzionato.
A questo si aggiunge un altro elemento chiave: la perdita di controllo. Si gioca più a lungo del previsto, si spendono più soldi di quanto si era deciso, si fa fatica a smettere anche quando ci si era promessi di non farlo. Ogni tentativo di moderazione fallisce, alimentando frustrazione e senso di colpa.
Poi c’è la menzogna. Mentire agli altri su quanto si gioca, su quanto si è perso, su quanto tempo si è ato davanti a un sito o a una slot. Ma soprattutto mentire a sé stessi, convincendosi che “non è niente di serio”, che “domani si smette”, che “è solo un periodo”.
Molti iniziano a giocare per fuggire da qualcosa: la noia, i problemi personali, le preoccupazioni economiche. Ma il gioco finisce per diventare esso stesso la fonte del disagio. Si gioca per sfuggire a un problema e ci si ritrova con un problema in più. Quando il gioco inizia a condizionare l’umore – rendendo euforici dopo una vincita e devastati dopo una perdita – è il momento di fermarsi e fare un o indietro.
Infine, uno dei segnali più significativi è l’impatto sulle relazioni e sulla quotidianità. Si trascura il lavoro, si litiga più spesso in famiglia, si diventa irritabili, distratti, isolati. Le conseguenze economiche iniziano a pesare. Saltano bollette, si chiedono prestiti, si utilizzano i risparmi per inseguire vincite che non arrivano.
Non serve che tutti questi segnali si presentino insieme. Basta anche solo uno di essi, se persistente, per meritare attenzione. Riconoscerli non significa etichettarsi come “dipendenti”, ma avere la lucidità di capire che qualcosa sta cambiando e che è il momento giusto per agire. Perché nella maggior parte dei casi, è proprio quando si pensa di avere tutto sotto controllo che si sta iniziando a perderlo davvero.
Impatti della dipendenza da gioco
La dipendenza da gioco non si limita a svuotare il portafoglio. Ha effetti molto più profondi e pervasivi, che arrivano a coinvolgere ogni aspetto della vita: la salute mentale, le relazioni affettive, il lavoro, la stabilità emotiva, il senso stesso di identità. Chi è dipendente dal gioco spesso lo scopre troppo tardi, quando le conseguenze hanno già iniziato a pesare davvero.
Il primo impatto, quello più visibile, è economico. Le perdite diventano costanti, ma il bisogno di recuperare porta a spendere sempre di più. Si inizia col mettere in gioco piccole cifre, poi si a ai risparmi, agli stipendi, ai prestiti. Alcuni arrivano a indebitarsi gravemente, ad accendere finanziamenti che non possono più onorare, ad arrivare al punto di nascondere le proprie difficoltà persino ai familiari. Il gioco, a quel punto, non è più una ione, ma una voragine che inghiotte ogni possibilità.
Accanto ai problemi economici, emergono quelli relazionali. Chi soffre di dipendenza spesso si isola, diventa più nervoso, meno presente. I rapporti si deteriorano: in famiglia si litiga, le amicizie si allontanano, le relazioni sentimentali si incrinano. Mentire diventa la norma, non per cattiveria, ma per difesa. Il giocatore patologico sa che il suo comportamento è distruttivo, ma non riesce a fermarsi. E questo genera un profondo senso di colpa, spesso difficile da gestire.
Dal punto di vista lavorativo, le conseguenze possono essere altrettanto gravi. La concentrazione cala, l’affidabilità si riduce, il rendimento crolla. In alcuni casi, il lavoro stesso viene sacrificato per avere più tempo da dedicare al gioco. Ci sono persone che arrivano a perdere il posto, che si assentano per giorni, che commettono errori dettati dall’ansia o dalla distrazione. E quando si entra in questo circolo, la motivazione a risalire diventa sempre più fragile.
Ma forse l’aspetto più devastante è quello psicologico. Ansia, insonnia, attacchi di panico, depressione: sono solo alcune delle conseguenze più comuni. Il senso di frustrazione si fa opprimente, il fallimento sembra inevitabile, la propria immagine si sgretola. Alcuni arrivano a pensare che l’unica via d’uscita sia una grossa vincita – l’ultima, quella risolutiva – ma quella vincita non arriva mai. E anche quando arriva, non basta. Perché il problema non è più il denaro, ma il meccanismo mentale che spinge a rigiocarlo, a inseguire un’emozione che si è ormai trasformata in dipendenza.
Ci sono anche casi estremi. Quando il gioco prende il sopravvento, può spingere a compiere azioni che non avremmo mai immaginato: truffe, furti, atti disperati. Non per cattiveria, ma per necessità, per fame, per quella sensazione di essere ormai in trappola, senza via d’uscita. E in molti, purtroppo, non hanno la forza o il coraggio di chiedere aiuto.
La verità è che la dipendenza da gioco non colpisce mai solo il giocatore. Colpisce le famiglie, i figli, i partner, gli amici. È una catena che si allarga, che coinvolge e ferisce anche chi vorrebbe solo aiutare. Ecco perché riconoscerla in tempo, parlarne apertamente, affrontarla con gli strumenti giusti è l’unica strada possibile. Perché il gioco può essere intrattenimento, ma non può diventare una condanna.
Dipendenza da gioco online: un nuovo rischio
Se un tempo bisognava andare in un’agenzia o in una sala giochi per scommettere, oggi bastano pochi secondi, uno smartphone e una connessione. Il gioco è diventato digitale, immediato, continuo. Ed è proprio questa trasformazione a rappresentare uno dei rischi più attuali e meno visibili: la dipendenza da gioco online.
Il gioco online ha cambiato radicalmente il rapporto tra le persone e le scommesse. Ha reso tutto più facile, più veloce, più accessibile. E con questo ha anche abbassato le barriere psicologiche che un tempo limitavano il comportamento compulsivo. Non ci sono più orari, né luoghi: si può scommettere in pausa pranzo, sul divano, prima di dormire, anche senza essere visti da nessuno. Questo anonimato, unito alla costante disponibilità dell’offerta, è una delle ragioni per cui il gioco online può sfuggire di mano molto più rapidamente di quello fisico.
Un altro aspetto critico è la percezione del denaro. Giocare online significa spesso caricare un credito, utilizzare carte, portafogli digitali, criptovalute. Non si vede il denaro che si spende, non si contano le banconote, non si ha la sensazione concreta della perdita. Questo distacco psicologico favorisce un uso impulsivo e poco consapevole delle risorse economiche, aumentando il rischio di sovraindebitamento.
C’è poi l’aspetto tecnologico e psicologico del design delle piattaforme. I siti di gioco online sono progettati per mantenere alta l’attenzione, stimolare l’interazione continua, ridurre il tempo tra una giocata e l’altra. Colori accesi, animazioni, notifiche, bonus istantanei: tutto è pensato per incentivare l’attività, premiando la costanza e la frequenza. È un modello mutuato dai videogiochi e dai social media, dove il coinvolgimento è il principale obiettivo. Ma nel caso del gioco d’azzardo, può diventare una leva pericolosa.
Un ulteriore elemento critico è l’effetto della gamification, ovvero la trasformazione del gioco in un sistema a livelli, obiettivi, progressi. Le piattaforme spesso propongono sfide giornaliere, classifiche, ricompense per chi gioca con regolarità. Questo tipo di meccanismo stimola la competitività e il bisogno di “completare” qualcosa, rendendo il gioco un’attività a ciclo continuo.
Infine, va considerato il target più esposto: i giovani. Ragazzi e ragazze nati nell’era digitale, abituati a interagire con schermi e app fin da piccoli, sono particolarmente vulnerabili. Il confine tra videogioco e gioco d’azzardo diventa labile, soprattutto quando entrano in gioco le cosiddette loot box o altri sistemi di ricompensa casuale, che mimano il funzionamento delle scommesse vere e proprie. E quando la dipendenza si sviluppa in età precoce, le conseguenze a lungo termine possono essere ancora più gravi.
Il gioco online non è intrinsecamente pericoloso. Ma lo diventa quando viene proposto – o vissuto – senza filtri, senza limiti, senza strumenti di controllo. Per questo è fondamentale educare, informare, promuovere un uso consapevole delle piattaforme, e soprattutto creare uno spazio dove le persone possano fermarsi, riflettere e – se serve – chiedere aiuto.
Chi è più a rischio
La dipendenza da gioco non guarda in faccia nessuno. Non ha un profilo unico, non colpisce solo chi ha problemi economici o chi “non sa controllarsi”. Può riguardare chiunque, in qualsiasi momento della vita. Tuttavia, esistono delle condizioni personali e sociali che possono rendere alcune persone più vulnerabili di altre.
Tra i soggetti più a rischio ci sono i giovani, in particolare gli adolescenti e i ragazzi sotto i 25 anni. Si tratta di una fascia d’età in cui l’impulsività è naturalmente più alta, la percezione del rischio ancora in fase di sviluppo e la pressione del gruppo spesso determinante. A questo si aggiunge la maggiore dimestichezza con il digitale e la tendenza a cercare emozioni forti, sfide, conferme. Un mix potenzialmente esplosivo, soprattutto quando si entra in contatto con il gioco online fin da giovanissimi, magari attraverso pubblicità mirate o ambienti digitali poco regolamentati.
Anche le persone che vivono momenti di fragilità emotiva o economica sono più esposte. Il gioco, in questi casi, può apparire come una scorciatoia, un modo per alleggerire lo stress o addirittura per “sistemare le cose”. Chi ha perso il lavoro, chi vive un lutto, una separazione, una crisi personale, può trovare nel gioco una forma di evasione o un’illusione di ripartenza. Ma quando la posta in gioco diventa un tentativo di compensazione emotiva, il rischio di dipendenza si alza vertiginosamente.
Ci sono poi differenze legate al genere che vale la pena osservare. Gli uomini tendono a sviluppare forme di dipendenza più legate alla ricerca dell’adrenalina, alla competizione, alla voglia di vincere “sfidando il banco”. Le donne, invece, spesso iniziano a giocare in contesti di solitudine o stress, e possono essere più inclini a sviluppare un attaccamento progressivo e silenzioso, difficile da intercettare dall’esterno. I percorsi possono essere diversi, ma il risultato può essere lo stesso: una perdita di controllo che impatta su tutta la sfera personale.
Un altro profilo da considerare è quello di chi ha una storia pregressa di dipendenze, anche se superate. Che si tratti di alcol, droghe, fumo o disturbi del comportamento alimentare, il rischio di “trasferire” la dipendenza verso il gioco è reale. Non per debolezza, ma per una maggiore predisposizione neurobiologica e comportamentale a cercare sollievo in attività ad alto tasso di gratificazione immediata.
Infine, l’isolamento sociale può essere un importante fattore di rischio. Chi non ha una rete di relazioni solide, chi vive da solo, chi ha poche occasioni di confronto e o, ha meno possibilità di ricevere segnali d’allarme dall’esterno. In questi casi, il gioco può diventare un compagno silenzioso ma costante, difficile da abbandonare.
In sintesi, nessuno è immune. Ma sapere chi è più esposto può aiutare a fare prevenzione, a intervenire per tempo, a costruire attorno a chi gioca un contesto capace di ascoltare, accogliere e – se necessario – fermare.
Come prevenire la dipendenza
Quando si parla di dipendenza da gioco, la prevenzione è tutto. È l’arma più efficace, la più accessibile, e spesso anche la più sottovalutata. Perché il punto non è solo curare chi è già caduto nella spirale, ma evitare che quella spirale inizi a formarsi. E farlo significa cambiare approccio, cultura, linguaggio.
Prevenire la dipendenza vuol dire innanzitutto educare al gioco consapevole. Far capire che il gioco non è un modo per guadagnare, né un piano B per chi ha problemi economici. È – e deve rimanere – una forma di intrattenimento. Un atempo che va trattato con la stessa lucidità con cui si gestisce un hobby qualsiasi: con limiti, con regole, con rispetto per sé stessi.
La prima cosa da insegnare, a chi gioca o vuole iniziare a farlo, è che il gioco ha un costo, esattamente come andare al cinema o allo stadio. Non si gioca per vincere, si gioca sapendo che si può perdere. Il denaro speso non va inteso come un investimento, ma come il prezzo di un’esperienza. E questo implica la necessità di fissare dei limiti: di tempo, di frequenza, di budget.
Fondamentale è anche il ruolo della famiglia e della scuola, soprattutto per quanto riguarda i più giovani. Parlare apertamente del gioco, senza tabù, aiuta a costruire anticorpi culturali. I ragazzi devono poter capire fin da subito che scommettere non è un rito di aggio, né un gesto innocuo se ripetuto con leggerezza. Così come devono poter riconoscere la differenza tra un videogioco e una slot, tra un atempo e un rischio concreto.
Un altro strumento chiave nella prevenzione è l’autovalutazione. Fermarsi ogni tanto a riflettere sul proprio comportamento, porsi domande semplici ma oneste: sto giocando più del previsto? Ho iniziato a rincorrere le perdite? Mi sento in colpa dopo aver giocato? Se la risposta a una o più di queste domande è sì, allora forse è il momento di fare un o indietro. Non per punirsi, ma per prendersi cura di sé.
Anche a livello sociale si possono fare molte cose. Serve una comunicazione pubblicitaria più trasparente, meno aggressiva, più attenta al linguaggio. Serve che le piattaforme offrano strumenti reali di controllo e autoesclusione, e che non si limitino a inserire avvisi in fondo alle pagine. Serve che le istituzioni investano nella prevenzione almeno quanto investono nel regolamentare l’offerta di gioco.
Infine, la prevenzione è fatta anche di esempi. Di persone che raccontano il proprio percorso, di voci che si alzano per dire “ho sbagliato, ma ho chiesto aiuto”, di realtà che – come Bottadiculo – scelgono di mettere al centro la consapevolezza. Perché giocare si può. Ma giocare bene, con intelligenza, è una forma di rispetto. Per sé stessi e per chi ci sta accanto.
Uscire dalla dipendenza: percorsi e i
Parlare di dipendenza da gioco non ha senso se non si parla anche di come uscirne. Perché si può. Non è facile, non è immediato, ma è possibile. E la buona notizia è che non serve affrontare tutto da soli. Esistono strumenti, professionisti, comunità e percorsi pensati proprio per accompagnare chi decide di fare il primo o.
Il momento decisivo arriva quando si prende consapevolezza. Quando si ammette, senza scuse né vergogna, che il gioco non è più sotto controllo. Per molti è un aggio difficile, ma è anche il più importante. Riconoscere di avere un problema non significa arrendersi, significa iniziare a combatterlo.
Il primo livello di o è quello psicologico. Il trattamento più utilizzato è la terapia cognitivo-comportamentale, che aiuta a identificare i pensieri distorti legati al gioco e a sostituirli con strategie più sane. Si lavora sull’autocontrollo, sulla gestione delle emozioni, sull’evitamento delle situazioni a rischio. In molti casi, il percorso può essere affiancato da terapie familiari, perché anche chi sta accanto a una persona dipendente ha bisogno di essere ascoltato e guidato.
Esistono anche gruppi di auto-aiuto, come Giocatori Anonimi, ispirati al modello dei 12 i degli Alcolisti Anonimi. Qui si condivide l’esperienza con altre persone che stanno attraversando lo stesso problema. Si rompe il silenzio, si spezza la solitudine, si costruisce una rete di sostegno reale, fatta di ascolto e confronto. Per molti, è un punto di svolta.
Accanto a queste soluzioni, ci sono servizi pubblici territoriali, come i SERD (Servizi per le Dipendenze), presenti in tutta Italia. Offrono interventi personalizzati, o medico e psicologico gratuito, anche in collaborazione con enti del terzo settore. In alcune regioni esistono sportelli dedicati esclusivamente alla ludopatia, accessibili anche in forma anonima.
Uno strumento importante, soprattutto per chi gioca online, è quello dell’autoesclusione. Si tratta della possibilità di bloccare il proprio accesso ai siti di gioco legali, per un periodo temporaneo o in modo permanente. È una scelta forte, ma anche un atto di responsabilità verso sé stessi. Si può attivare direttamente dal proprio di gioco oppure attraverso il portale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (), che gestisce la lista nazionale dei soggetti autoesclusi.
Un aspetto che spesso viene sottovalutato è il ruolo delle persone vicine. Familiari, amici, colleghi: chi è accanto a una persona dipendente può diventare un alleato prezioso. Non servono giudizi né pressioni, ma presenza, ascolto e, quando serve, il coraggio di indicare la strada del cambiamento.
Il percorso di uscita dalla dipendenza è diverso per ciascuno. C’è chi ce la fa con la sola forza di volontà, chi ha bisogno di un o professionale, chi alterna ricadute e riprese. Ma ciò che conta è sapere che un’alternativa esiste. Che tornare a una vita libera, piena, serena è possibile. E che ogni o nella direzione giusta, anche il più piccolo, vale più di qualsiasi schedina.
Il gioco d’azzardo e la legge in Italia
Il gioco d’azzardo in Italia è regolamentato, ma non sempre è chiaro dove finisca la legalità e dove comincino i rischi. Capire cosa dice la legge è importante per muoversi con consapevolezza, distinguere le piattaforme sicure da quelle illegali e conoscere i propri diritti (e doveri) come giocatori.
Il punto di riferimento è l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (), l’ente pubblico che gestisce e controlla il mercato del gioco legale. L’ rilascia le licenze ai concessionari che rispettano determinati standard: trasparenza, protezione dei dati, strumenti di tutela per i giocatori. Giocare su un sito con licenza significa avere una garanzia di sicurezza minima e la possibilità, in caso di problemi, di rivolgersi a un’autorità competente.
Tutti i siti autorizzati dall’ riportano il logo ufficiale, un numero di concessione e sono obbligati a fornire strumenti per il gioco responsabile, tra cui l’autoesclusione, i limiti di deposito e il monitoraggio dell’attività. Chi gioca su piattaforme prive di licenza – magari attirato da bonus più alti o promesse allettanti – si espone non solo al rischio di truffe, ma anche a un gioco privo di qualsiasi tutela legale.
Negli ultimi anni, la normativa italiana ha cercato di limitare la diffusione incontrollata del gioco, in particolare quello online. Il momento più significativo è stato l’approvazione del Decreto Dignità (2018), che ha introdotto il divieto totale di pubblicità, sponsorizzazioni e promozioni relative al gioco d’azzardo. Una misura forte, nata per contrastare la normalizzazione culturale del betting, soprattutto tra i più giovani.
Ma il Decreto Dignità non è bastato a spegnere la macchina del gioco. Molti operatori hanno spostato la comunicazione su altri canali – influencer, siti paralleli, promozioni mascherate – aggirando di fatto il blocco. E questo dimostra quanto sia difficile, anche a livello istituzionale, tenere il o con un mercato in continua evoluzione.
Nel frattempo, le Regioni e i Comuni hanno introdotto norme territoriali, come limiti orari per l’uso delle slot machine o distanze minime da scuole e ospedali. Iniziative utili, ma spesso non coordinate, che rendono il panorama normativo frammentato e difficile da applicare in modo uniforme.
Un aspetto importante è che in Italia il gioco d’azzardo è legale, ma deve rimanere entro i limiti previsti dalla legge. Offrire gioco senza licenza, truccare le macchine, aggirare i sistemi di controllo sono reati. E anche il giocatore che si affida a circuiti non autorizzati può trovarsi in una posizione rischiosa, sia sul piano economico che legale.
La sfida più grande, oggi, è quella di bilanciare il diritto all’intrattenimento con il dovere di proteggere i cittadini, soprattutto quelli più vulnerabili. Per questo è fondamentale conoscere le regole, giocare solo su piattaforme autorizzate e pretendere un gioco che sia non solo legale, ma anche trasparente e rispettoso.
Il punto di vista di Bottadiculo
Parlare di dipendenza da gioco, per noi, non è una scelta editoriale come le altre. È una responsabilità. Perché se da un lato raccontiamo il mondo delle scommesse, analizziamo le quote e condividiamo strategie, dall’altro sappiamo bene che il confine tra divertimento e dipendenza può essere sottile. E che il modo in cui comunichiamo può fare la differenza.
Il nostro lavoro nasce da una convinzione precisa: vincere è conoscere. Significa informarsi, capire le dinamiche, avere gli strumenti per decidere con la propria testa. Ma significa anche sapere quando è il momento di fermarsi, quando il gioco smette di essere tale, quando serve guardarsi allo specchio e scegliere di proteggersi.
Non siamo qui per vendere illusioni, né per spingere a giocare a ogni costo. Al contrario, ci piace pensare che chi ci segue lo faccia proprio perché ha scelto di vivere il gioco come un piacere intelligente, non come una fuga o una compulsione. Per questo, in tutto quello che pubblichiamo – dai pronostici agli approfondimenti – cerchiamo di trasmettere metodo, equilibrio, consapevolezza.
Raccontare la dipendenza da gioco fa parte del nostro modo di essere un punto di riferimento credibile. Non siamo solo una piattaforma di contenuti: siamo una community. E una community vera si prende cura dei suoi membri, anche – e soprattutto – quando le cose si complicano. Anche quando c’è bisogno di dire “attenzione”, “basta”, “chiedi aiuto”.
Perché il nostro obiettivo non è far giocare di più. È far giocare meglio. E, quando serve, aiutare a smettere di giocare del tutto. Se quel o serve a ritrovare serenità, lucidità, libertà.
In fondo, lo abbiamo sempre detto: con Bottadiculo, la fortuna è un alleato. Ma la fortuna, per davvero, è sapere quando una schedina può aspettare. E quando è il momento di prendersi cura di sé.
Conclusione
La dipendenza da gioco non è un argomento facile da affrontare. Ma è necessario farlo. Perché dietro ogni storia c’è una persona, un equilibrio fragile, una possibilità di cambiamento. E perché, nel mondo del betting, la vera sfida non è indovinare un risultato, ma restare liberi di scegliere. Sempre.
Se sei arrivato fin qui, significa che qualcosa dentro di te – curiosità, dubbio, consapevolezza – ti ha spinto a voler capire meglio. A voler sapere, riconoscere, magari aiutare qualcuno che ti è vicino. Ed è già un o importante.
Noi, come redazione e come community, ci impegniamo ogni giorno per offrire contenuti di qualità, strumenti utili, ma soprattutto un luogo dove il gioco possa rimanere ciò che dovrebbe essere: una ione lucida, consapevole, mai pericolosa. Ma sappiamo anche che, se per te o per qualcuno che conosci il gioco è diventato un problema, non devi affrontarlo da solo.
Chiedere aiuto è un atto di forza. È il primo vero gesto di controllo. E se anche solo un lettore, leggendo questo articolo, deciderà di cambiare rotta, di parlarne, di fermarsi, allora questo contenuto avrà avuto il suo senso più profondo.
Ricorda: il vero giocatore non è quello che vince sempre, ma quello che sa quando smettere.
E noi saremo qui. Anche in quel momento.